Commento ai rendimenti - Luglio 2022
La Banca Centrale Europea aumenta i tassi di rifinanziamento per la prima volta dal 2011. Nella corsa all’incremento dei tassi di rendimento volto a contrastare la crescita dei prezzi al consumo sono coinvolte le autorità monetarie di tutti i paesi sviluppati. Nonostante si prefiguri sempre più uno scenario di recessione su scala globale, i mercati finanziari reagiscono con cauto ottimismo percependo un lento dissiparsi delle incertezze sull’andamento futuro nel breve-medio termine.
Il mese di luglio
Il tasso di inflazione continua ad essere il protagonista indiscusso del palcoscenico finanziario e i valori pubblicati continuano a superare le attese degli analisti solcando i nuovi massimi degli ultimi quattro decenni. La crescita dei prezzi al consumo su base annua raggiunge l’8,5% negli stati Uniti e l’8,9% nell’Eurozona. Diventa sempre più evidente la volontà di agire sui tassi di rendimento in modo deciso da parte delle banche centrali a discapito della crescita economica. La divulgazione della notizia della diminuzione del PIL USA del -0,9% nel trimestre dell’anno corrente ne è una incontestabile conferma. Trattandosi del secondo consecutivo dato trimestrale negativo, si è indotti ad affermare che le dinamiche recessive continueranno a consolidarsi e rimarranno tali anche nel III trimestre. Tuttavia, l’ufficialità di una recessione potrà essere affermata solo considerando molteplici fattori economico-statistici, tra cui anche lo stato di salute del mercato di lavoro che per il momento, almeno negli Stati Uniti, non sembra evidenziare segni di cedimento. Nel frattempo, la Fed, incalzata dall’incremento del tasso di inflazione, ha alzato i tassi di un ulteriore 0,75%.
Rallenta anche l’economia europea, seppur in misura minore. Il Regno Unito evidenzia un PIL trimestrale modesto (+0,4%), mentre la Germania resta praticamente ferma (+0,0%, dato provvisorio). Inaspettatamente più brillante risulta invece l’Italia che, secondo le pubblicazioni dell’Istat, cresce dell’1% nel secondo trimestre dell’anno, sostenuta almeno in parte anche dalla forte ripresa del turismo. La crescita su base annua è di tutto rispetto: +4,6%. Continua a rallentare l’economia della Cina, dove il deludente dato del secondo trimestre (+0,4%) getta ombre sulla possibilità di raggiungere l’obiettivo di crescita annua fissato al +5,5%. Un ulteriore segnale d’allarme per il governo cinese è legato alla crisi del settore immobiliare, che potrebbe assumere particolare severità determinando l’incremento del rischio di mancata liquidità sui mercati dei titoli corporate dei paesi emergenti.
Finalmente anche la BCE scende in campo aumentando per la prima volta dal 2011 i tassi di rifinanziamento, riportando l’aliquota applicata in territorio positivo. Oltre alla correzione al rialzo di 50 punti basi percentuali, il Consiglio direttivo ha approvato lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (Transmission Protection Instrument: TPI), dedicato al sostegno dei paesi con un elevato grado di indebitamento nel caso in cui il differenziale tra i tassi nazionali e quelli tedeschi si innalzasse senza correlazione ai fondamentali o alle politiche monetarie attuate localmente. E mentre gli investitori sono rimasti a ponderare se le definizioni assai fluide del TPI possano inficiarne il processo attuativo, non si sono fatte attendere le dichiarazioni degli oppositori che hanno evocato il divieto nel regolamento dell’Unione Europea di finanziamento dei singoli stati, alludendo ovviamente all’Italia, lo Stato con maggior carico debitorio.
La posizione dell’Italia diventa ancora più complicata dopo lo scioglimento del governo di Mario Draghi che i mercati finanziari avevano investito come garante di un confronto costruttivo con la BCE. Non vi è da stupirsi se nel contesto creatosi i titoli obbligazionari italiani si sono allineati con quelli della Grecia registrando, in contrasto con il resto di Eurozona, l’incremento dei premi ai rischi. Torna, inoltre, a cavalcare le pagine degli editoriali il riferimento allo “spread”, il differenziale tra i tassi tedeschi e quelli italiani, che supera la soglia psicologica di 200 punti base percentuali.
Uno scenario diverso si sta invece sviluppando nei paesi emergenti e nelle economie più povere del pianeta. La crisi alimentare e la crescita dei prezzi dell’energia hanno già iniziato a travasarsi in tensioni sociali, soprattutto nei paesi più poveri, mentre il FMI lancia l’allarme sui paesi a rischio di default. Attualmente i paesi dichiarati in default sono il Libano, lo Sri Lanka, la Russia, il Suriname e lo Zambia. Si ritiene, inoltre, che vi siano prossimi, per un importo di 400 miliardi di USD in titoli obbligazionari, l’Argentina, l’Ucraina, la Tunisia, il Ghana, l’Egitto, il Kenya, l’Etiopia, El Salvador, il Pakistan, la Bielorussia, l’Equador e la Nigeria.
Venendo alle statistiche finanziarie, i mercati hanno registrato un apprezzamento della diminuzione del grado di incertezza, seppure i trend siano volti verso una decrescita economica. I numeri di luglio parlano chiaro: +12,35% su base mensile per il Nasdaq, la piazza finanziaria per eccellenza del settore informatico-tecnologico. Ed è proprio questo settore a trainare tutte le borse USA, spinte anche dai risultati trimestrali positivi di alcuni «big» come Amazon e Apple. La situazione risulta simile anche in Eurozona, con Milano che ha chiuso il mese con una performance mensile del +5,22% sulla scia dei buoni risultati trimestrali. Più cupo invece il trend nell’area cinese condizionato da nuovi potenziali lockdown, dalle tensioni geopolitiche (Taiwan) e dalle aspettative di rallentamento economico.
I mercati obbligazionari tornano a interessare gli investitori come in ogni fase recessiva dell’economia e le performance giovano all’afflusso di nuove risorse. I recuperi registrati su base mensile rallegrano, con il +4,0% per la componente governativa Euro e con il +4,3% per quella governativa USA. Le obbligazioni dello stato italiano, nonostante tutte le sfide economiche e politiche che sta affrontando il Paese, registrano un recupero del +1,7%.
Relativamente alle gestioni del Fondo Pensione FONDEMAIN, l’andamento al rialzo dei mercati finanziari si riflette anche nei risultai ottenuti dai tre comparti:
DINAMICO. Il comparto registra una ripresa su base mensile pari al +5,46%, diminuendo le perdite da inizio anno al -8,01%. Il confronto con il benchmark da inizio anno rimane invariato (-0,62%). Gli unici a registrare un andamento negativo sono i titoli governativi italiani di media scadenza, che rappresentano circa il 3% del portafoglio del comparto, mentre i titoli azionari nordamericani si attestano come i principali contributori ai rendimenti mensili positivi.
PRUDENTE. Il mese di luglio porta sollievo e i rendimenti mensili del comparto risultano positivi (+4,32%). Conseguentemente migliorano i dati da inizio anno (-7,28%), mentre il differenziale con i rendimenti del benchmark risulta ancora negativo (-0,52%). Dall’analisi del contributo alla performance si evidenzia come i dati complessivi risultino positivi sia per la componente obbligazionaria, sia per quella azionaria.
GARANTITO. Le correzioni al rialzo del mese di luglio riducono le perdite da inizio anno al -0,55%. Il confronto con il TFR lordo, tenuto conto dell’andamento del tasso di inflazione, rimane negativo (-5,43%). Il contributo negativo alle performance è soprattutto determinato dall’andamento dei titoli obbligazionari italiani e spagnoli con scadenze inferiori ad un anno, mentre i titoli azionari dei settori ciclici registrano una crescita che contribuisce ad una significativa diminuzione delle perdite.
*I rendimenti indicati nei commenti dei singoli comparti rappresentano dati finanziari lordi.